La Ragazza Lunatica: da “declamatrice digitale” a “scrittrice conviviale”

La pandemia non è dalla nostra parte. Ma finirà anche questa e torneremo a poter parlare di libri in serenità.

La Ragazza Lunatica

Tutti noi abbiamo virtù e vizi, chi più, chi meno. Si può dire che anche i libri, in quanto estensione diretta dei propri autori o autrici, abbiano vizi e virtù. Tuttavia, pochi libri hanno “piccole virtù” e “adorabili vizi” come, per l’appunto, Piccole virtù e adorabili vizi di Carlotta Gualtieri, alias la Ragazza Lunatica. Questo libro nasce dalla volontà dell’autrice di riportare alla forma scritta le sue performance orali (pubblicate prima come messaggi vocali su WhatsApp per un gruppo di amiche e poi come video su Facebook) e in quanto tale quest’opera rappresenta l’essenza stessa dell’autrice: le “piccole virtù” della Ragazza Lunatica sono la sua voglia di mettersi in gioco e la sua capacità di guardare ai suoi difetti con ironia e disincanto, mentre i suoi “adorabili vizi” sono le sue manie per i vestiti, i rossetti, le scarpe, piccole realtà raccontate, però, con uno stile ricercato e raffinato, causando nel lettore un piacevole senso di “smarrimento” e sorpresa. Quindi, nel momento della pubblicazione di questo libro, ho voluto intervistare di nuovo la Ragazza Lunatica per sapere quali siano le sue riflessioni in merito a questa nuova esperienza.

Carlotta Gualtieri, alias la Ragazza Lunatica. Ph: Gabriella Lipari.

Finalmente, dopo tanto tempo, il tuo libro ha preso forma e ora si trova in libreria. Com’è stato riportare su carta i pensieri che prima registravi su WhatsApp e che poi hai declamato a voce su Facebook?

Ognuna di queste tre esperienze in qualche modo mi ha regalato qualcosa: gli audio mi hanno regalato la sorpresa iniziale e la magia della voce; i video mi hanno restituito un’immagine e un corpo che non avrei mai immaginato di poter mostrare a tantissime persone; la scrittura ha rivelato la vera me stessa, la mia essenza. D’altronde, non avrei mai fatto audio, non avrei mai fatto video se non avessi prima scritto: tutto il resto è avvenuto piuttosto casualmente, ma non la scrittura, che ho sempre coltivato, è stata sempre dentro di me e quindi mi è molto familiare. Ecco, in qualche maniera la scrittura mi ha restituito un’immagine più integra, più veritiera di me stessa.

A proposito di social, ho visto che hai aperto un account Instagram. Quale social media preferisci tra Facebook e Instagram?

Siccome sono una “boomer”, come dicono i miei figli, ho più dimestichezza con Facebook, anche se mi rendo conto che Instagram è molto più veloce, molto più diretto, molto più legato all’immagine che non alla parola. Instagram ha anche il grande vantaggio di avere le stories, che sono molto seguite, raccolgono molto consenso e hanno la capacità di arrivare laddove Facebook non arriva immediatamente. Io, purtroppo, non ho potuto trarre dalle stories un effettivo beneficio perché non so ancora adoperare bene Instagram. Infatti, nella gestione di questo social network sono stata aiutata da due ragazzi che fanno lo IED (n.d.R. Istituto Europeo di Design) e che hanno curato la mia immagine: l’impostazione che hanno dato ai miei video e ai miei quadri su Instagram mostra un certo studio, un gusto estetico che mi appartiene e in cui mi ritrovo molto. Comunque, sono stata aiutata da persone molto competenti e professionali nella gestione dei social che per me rimangono dei mondi sconosciuti: io non li disprezzo assolutamente – l’ho ripetuto all’infinito –, ma non fanno parte del mio essere, della mia persona, della mia generazione.

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Perché proprio questo titolo, Piccole virtù e adorabili vizi?

Io sono una grande estimatrice – come ho scritto già in alcuni blog – della nostra Natalia Ginzburg. Più che a Lessico Famigliare, sono legata a un libriccino che si chiama È stato così che inizia brutalmente con la frase: “Gli ho sparato negli occhi”. Quando lessi questo libro, ero ancora un’adolescente e, perciò, mi colpì tantissimo. Sono legata anche ad altri romanzi della Ginzburg, come Caro Michele, ma in particolare a Le piccole virtù, un libro che raccoglie dei racconti scritti dalla Ginzburg e pubblicati su diverse riviste italiane. Diciamo che ho fatto un po’ mia questa espressione, “piccole virtù”, pensando a quelle che potevano essere le mie “piccole doti” e, quando ho dovuto scegliere il titolo del mio libro, ho pensato subito alla Ginzburg per omaggiarla. Però, alle “piccole virtù” ci voleva un contraltare, anche, naturalmente, per dare una diversificazione dal titolo della Ginzburg. Allora ho pensato che tutto quello che ho scritto nel libro, quelle facezie, quelle ossessioni per i capelli, per le gonne, per gli armadi erano, sì, vizi, ma “adorabili”. Non erano vizi trascendentali, né vizi capitali: erano “adorabili vizi”. E poi le “piccole virtù” si sposano bene con gli “adorabili vizi”: forse, le “piccole virtù” sono anche “adorabili vizi” e gli “adorabili vizi” sono anche “piccole virtù”.

Ph: Gabriella Lipari.

Ho letto alcuni commenti entusiastici ai post che hai pubblicato su Facebook, dove citi alcuni passi del tuo libro: per la maggior parte sono scritti da tue coetanee, ma anche da persone più giovani. Credi di incarnare con i tuoi scritti gli ideali e i pensieri di una determinata generazione oppure, in maniera complessiva, del genere femminile?

Sarei più convinta nell’asserire che i miei scritti incarnano gli ideali e i pensieri del genere femminile. Tra il mio pubblico gli uomini si contano sulla punta delle dita. Il mio unico grande fan “uomo” è meraviglioso: è stato il primo a ordinare quattro copie del mio libro su Internet! Ogni tanto, sì, appaiono i like dei mariti di amiche e degli amici di mia figlia, però, senza dubbio il mio pubblico è prettamente femminile. Anzi, credo che i miei scritti rispecchino proprio il genere femminile più che una generazione perché penso che l’ironia presente in molti dei miei testi possa essere trasversale e parlare a ogni generazione. Il contenuto, invece, è veramente, specificatamente rivolto a un pubblico femminile.

Da quando è uscito il tuo libro, hai partecipato a molte presentazioni. Com’è stato parlare di qualcosa a cui tieni molto di fronte a tante persone? Ti aspettavi tutta questa accoglienza da parte del pubblico?

Un po’ sì, perché prima di pubblicare il libro ho fatto moltissime letture dei miei racconti e ho visto che erano stati favorevolmente accolti. Quindi, non era la prima volta che parlavo di questi racconti, benché fossero ancora inediti. L’unica differenza è che prima mi limitavo a fare letture integrali di alcuni di loro, mentre stavolta dialogo sempre con moderatori o moderatrici. Sono stata fortunata per ora perché ho sempre dialogato con persone che erano sulla mia stessa lunghezza d’onda ed è stato molto, molto piacevole. Quando si promuove un libro, certo, scatta qualcosa in più: finché il libro non esiste è come se, per così dire, non fosse “merce”, ti senti anche più leggera di poter leggere qualcosa solo per il gusto di poter regalare agli altri un tuo racconto. Quando presenti un libro, devi anche promuovere il libro, se non altro per l’editore. Ci può essere qualcosa che ti rende un po’ meno naturale, ma questo non è stato il mio caso.

Quando parli del tuo libro, ti riferisci spesso ad esso come “oggetto”. Pensi che si possa considerare un’opera artistica e non solo un “semplice” libro da leggere?

Sì: se c’è una peculiarità in questo piccolo libro è che è anche un “libro da toccare e da annusare”, come mi ha detto Giacomo Pilati (n.d.R.  scrittore e giornalista trapanese che ha intervistato la Ragazza Lunatica durante la presentazione a Trapani tenutasi il 17 Settembre 2021). Innanzitutto, la carta scelta è preziosa, soprattutto nella copertina: è come se regalassi al lettore un mio quadro integrale perché l’immagine di copertina dà la sensazione di porosità, di “materico”. Inoltre, ogni racconto è davvero introdotto e presentato dai quadri: all’inizio ogni quadro viene mostrato nella sua interezza e poi, all’interno del testo, si presenta come vivisezionato. È chiaro che questo non è soltanto un libro da leggere, ma anche da guardare; in questo senso – ché i miei quadri piacciano o meno – il mio libro può essere definito anche come un libro d’arte.

Il racconto “Tutto ciò che odio del mare”; sullo sfondo il quadro “Marettimo” che accompagna questo racconto nel libro. Ph: Gabriella Lipari.

Quindi, durante la lettura, questi dipinti possono essere ammirati indipendentemente dai passi che accompagnano o sono indissolubilmente legati ad essi?

Alcuni quadri, dal mio punto di vista, sono indissolubilmente legati ai passi che accompagnano per colore, per materia, per quello che mi suggerivano, altri invece meno. Comunque, è certo che ho potuto regalare a ogni racconto un quadro che mi sembrava avere più o meno pertinenza. Ad esempio, il racconto “Il rossetto” è accompagnato da un quadro che presenta un rosso così pastoso, cremoso, intenso da ricordarmi quello di un rossetto. Oppure, per “L’invidia” ho scelto un quadro che mi piace molto e che ha dei toni violacei, un colore che associo molto all’invidia. O ancora, ne “I jeans bianchi” ho inserito un quadro, “Marettimo”, che ricorda molto il mare, oppure nel primo racconto, “Camminare”, il quadro viene sezionato in due strisce che rappresentano quasi un percorso, un cammino, una strada.

Questo anno e mezzo è stato duro per tutti quanti: la pandemia ha trasformato le nostre abitudini e il nostro modo di vivere. Quanto questo evento storico ti ha cambiato nel tuo piccolo e quanto ha influenzato la composizione del tuo libro?

Nel mio piccolo la pandemia ha cambiato tutto: come insegnante, ha ridimensionato completamente le mie giornate e mi sono dovuta reinventare, anche nella mia maniera di insegnare. È stato molto, molto faticoso… Il Covid ha anche influito sull’uscita del libro che è stata posticipata di molto. Il lavoro sul libro è stato inevitabilmente interrotto dalla pandemia ed è stato ripreso più volte e più volte finché l’editore ha detto: “O ora o mai più”. Certo, la pandemia ha rimescolato tutto e ha dato tutta un’altra prospettiva alle cose…

Ora dimmi: chi è Carlotta Gualtieri adesso? La Ragazza Lunatica è rimasta sempre la stessa?

Diverse copie del libro. In basso, il logo de “La Libreria del Corso”. Ph: Gabriella Lipari.

Sì, più o meno. È vero che sono cambiate le modalità: per esempio dalla primavera scorsa non ho più girato un video… non so, ancora sono molto indecisa se continuare a girare questi video o se propormi soltanto come scrittrice. È possibile che, una volta finita la promozione del libro, torni con i miei video sulla pagina di Facebook, ma non è detto. Ora sono molto concentrata su questa storia della scrittura… cosa che mi è più congeniale, non c’è niente da fare. Tuttavia, non rimpiango assolutamente l’esperienza di Facebook: questi video resteranno, sono divertenti, a volte me li riguardo e rido di me stessa, anzi mi felicito con me stessa perché ho avuto il coraggio di mostrarmi al mondo.

Vuoi aggiungere qualcos’altro?

Sì. Voglio dire che sono molto contenta di iniziare questa nuova esperienza, della promozione del libro. Tutto è partito dalla Sicilia con Marsala e Marettimo, ora farò delle promozioni in Toscana, ma un ruolo fondamentale lo ha avuto e lo avrà sempre Trapani. È qui il luogo di partenza, il luogo dove è nato tutto: l’editore è trapanese, le mie prime letture le ho fatte nella libreria di Teresa (n.d.R. Teresa Stefanetti, proprietaria de “La Libreria del Corso”, Trapani). Insomma, questo libro appartiene a me, prima di tutto, ma anche a Trapani. Vedremo se con il tempo riuscirò a fare delle promozioni fuori regione, non solo in Sicilia e Toscana… ovviamente la pandemia non è dalla nostra parte. Ma finirà anche questa e torneremo a poter parlare di libri in serenità.

Un video della Ragazza Lunatica pubblicato sulla sua pagina Facebook.

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